Cui prodest?
Qualcuno invoca il merito, qualcun altro critica brutalmente i nuovi format, altri ancora minacciano di non seguire più il prodotto che ci viene offerto o per meglio dire, venduto. Tutti gli sport di massa hanno subito negli ultimi anni modifiche sensibili allo svolgimento delle proprie competizioni. Il vecchio caro girone all’italiana che incorona la prima della classe senza troppi fronzoli o dilungarsi inutilmente, sta lentamente scomparendo. Da qui la domanda: cui prodest? A chi giova tutto questo?
Dalla notte dei tempi la competizione sportiva è in gran parte intrattenimento. Lungi da noi dare a questo una connotazione negativa, ma va riconosciuto senza mezzi termini come lo spettatore svolga un ruolo primario nell’evento calcisitico, cestistico o altro. La lotta per prevalere sull’avversario ovviamente non perde con ciò la sua centralità, ma l’appettibilità ultima di questa contesa non la definiscono i protagonisti in campo, ma il tifoso o l’appassionato dagli spalti o dal divano.
Comprendere questo assunto è fondamentale per analizzare tutte le riforme in atto e quelle che incontreremo nelle prossime stagioni, che stanno stravolgendo le abitudini di atleti e Società sportive.
La polemica più recente riguarda il mondo della NBA, da sempre un passo avanti a livello di innovazione e sviluppo commerciale del proprio prodotto. Nella scorsa stagione, per cercare di raggiungere un grado di equità nella famosa “bolla di Orlando” tra le squadre ancora in lotta per un posto nei playoffs, era stata ideata la formula del play-in. Si è trattato di una sorta di spareggio tra le sole squadre che, numeri alla mano, avrebbero potuto accedere alla post-season. Partite secche, senza appello, quasi delle gare-7 in sequenza. In un’annata pesantemente martoriata dalla pandemia, in nome di un principio di equità è stata trovata una ricetta in grado di rendere appassionante la corsa per gli ultimi piazzamenti playoffs.
Scoperto il trucco, eccolo riproposto nella stagione seguente. Questa volta il merito sportivo centrava poco, si trattava di replicare il sapore frizzante del finale di regular season. Logica alla mano è un meccanismo non molto sensato. 72 partite sembrano un buon numero di partite per eliminare il caso o la sfortuna dal campo di pallacanestro; eppure eccoli ritornare con il play-in. Dalla settima alla decima, indipendentemente dai record stagionali, si scontreranno in partite senza ritorno per colorare di imprevisto l’accesso ai play-off.
L’atleta più rappresentativo della NBA ha recentemente tuonato contro questo fantasioso mini torneo. Lebron James ed i suoi Lakers sono infatti invischiati in una pericolosa corsa ai playoff che con buona probabilità li vedrà costretti a giocarsi partite di accesso (play-in) per disputare la post-season. James ha gridato al licenziamento degli ideatori di questo nuovo format, prima di lui l’astro nascente Doncic ne ha duramente criticato il senso. Franchigie e atleti sono i primi a conoscere le ragioni di queste novità, sono stati sicuramente i primi ad averle avallate e si sono accorti della loro iniquità sportiva solamente quando coinvolti.
Sappiamo bene che la NBA tende ad essere sempre un passo avanti in quanto a nuove proposte ed anche in questo caso siamo certi che farà scuola.
Risulta evidente come una stagione di 9-10 mesi, con 50, 60 o 70 partite in cui tutte le squadre hanno occasione di affrontarsi più volte sia sufficientemente attendibile per stabilire chi meriti la corona, così nel calcio come nella pallacanestro. Tuttavia lo sport professionistico vive grazie a chi lo segue, moltiplica denaro proprio in ragione dei tifosi che riesce a coinvolgere ed è evidente come una gara-7 NBA, una finale di Champions League o una Final Four di Eurolega rappresentino un prodotto più vendibile, più appetibile di una serata di stagione regolare.
Il trend è chiaro. La quasi istituzione della Superlega di calcio non fa che confermarlo. Si andrà nella direzione di un minor numero di eventi sportivi, aumentandone la qualità degli interpreti e la posta in palio. Così esige il pubblico e così sarà.
Inutile quindi arrovellarsi su tematiche nobili come il merito, lo sport ne sarà sempre ammantato e siamo convinti, romanticamente, che sarà sempre la migliore a vincere, ma il nuovo corso degli eventi sportivi è sotto i nostri occhi, tocca mettersi comodi e gustarsi lo spettacolo.
A giovarne saremo comunque noi vero?